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Splitboard in Majella: Monte Amaro, meta di conquista da ogni dove


Non è la prima volta che salgo questa montagna. Non è la prima, non sarà l’ultima. L’Amaro è terra di conquista per me che con lui negli ultimi due anni avevo instaurato una sorta di giochetto al ribasso. Il primo tentativo di salirlo in splitboard fallì circa un anno fa a causa di problemi tecnici ed equipaggiamento non completo a quota 2650 circa. A proposito, non salitelo senza rampant, a meno che non ci sia 1 metro di neve. Ma a quel punto non salitelo proprio che da li a pochi metri vi stacca una bella valanga di 1000 m di dislivello che non vi salvano neanche 16 airbag.

La realtà è che il Monte Amaro, la vetta più alta della catena della Majella va salita solo in alcuni periodi dell’anno, con neve non freschissima, con temperature non troppo elevate o non troppo basse. E’ strana, sarà difficile trovarsi a godere della polvere sulla Majella, il rischio è troppo grande. Non sarà invece impossibile trovare nevicate minime nuove su fondo ben compatto ed
attaccato e spolverare quei 5/10 cm nuovi o accumulati dal vento.
Questa è la sua stagione, anche se le scarse nevicate di questo inverno hanno permesso la salita anche 2 mesi fa. Proprio un mese prima ci riprovai dalla Rava del Ferro. Ma anche questa volta mi
rimandò a casa a circa 1850 metri di quota per un improvviso acquazzone al quale rispondemmo precauzionalmente con la discesa. Non tanto per l’acqua, che aveva già staccato una grossa valanga che stavamo risalendo e non c’era assolutamente neve nuova da staccare, ma per la paura dei
fulmini. Tant’è che messe in fretta le pive nel sacco me ne tornai mestamente a casa.

Pasqua però mi porge un’altra chance e questa volta le condizioni sono perfette. Neve compatta, piccola spolverata, giornata di sole biblica ed indimenticabile. Mi armo di splitboard con mio fratello Enrico e il nostro cane alpinista Rocco e andiamo verso la Majella con l’obiettivo di
cambiare però Rava. Salire dunque la Giumenta Bianca fino alla vetta.

Si lascia la macchina nei dintorni di Passo San Leonardo e si risalgono circa 300 metri senza tavola ai piedi, poi comincia la neve. Il primo pezzo è attaccabile senza troppi problemi, dritto senza inversioni, pendente ma non troppo. Intorno a quota 2000-2100 però si fa fatica ad andare su dritti e inizia il valzer delle inversioni. La Rava non è strettissima, ce ne sono di peggiori ma non è neanche il Sahara. Fortunatamente qualche scialpinista è stato più mattutino di me e salgo su tracce ben battute fino a quota 2400 quando causa le numerose scivolate laterali monto i rampant. Non tanto per sicurezza ma per non perdere appoggio dove lo strato duro e ghiacciato affiorava dalla neve fresca. Enrico e Rocco invece vengono su dritti, ramponi e bastoncini e tavola sulle spalle.
Il brutto o il bello che dir si voglia di Monte Amaro è che lo vedi sempre, davanti a te. Non ci sono “false” creste o piani per rilassarsi. La pendenza varia dal 25% al 35-40% senza mai un attimo di tregua. L’unico momento di respiro è a quota 2600 circa quando mancano poco meno di 200 metri di dislivello. Per pochi metri aggiri la vetta finale esposta a est dal versante ovest per poi tornare cattivi a salire.

La conquista è sempre molto emozionante, davvero unica. E’ una montagna speciale, c’è poco da dire. Il rifugio Pelino a quota 2790 da riparo nelle giornate sferzate dal vento, che non sono certo rare da quelle parti. Trovi gente da ogni dove. Tanti che vengono dal nord a capire quanto sia amaro “L’Amaro”. Tanti addirittura da paesi europei pieni di storia alpinistica e vette. Eppure fa gola, fa sempre gola salirlo e poi…godersi della fantastica discesa che regala. Conto dal Garmin
poco meno di 100 inversioni. Chi “splitta” sa bene di cosa parlo, 100 inversioni di direzioni.
Ecco qui un appunto. Abbiate le idee chiare su cosa vogliate fare. La discesa non è difficilissima ma neanche una passeggiata di salute.
Sappiate dove volete andare e da dove. Non fate come me che per cercare il canalino giusto e vergine vado a finire dentro la Rava della Vespa (forse) senza sapere più dove andare. In una giornata perfetta come quella di domenica scorsa si trova facile la strada per tornare a passo San Leonardo, in altre molto meno. Così mi faccio un’oretta di camminata nei boschi, sempre comunque piacevole per tornare a ricompattarmi col gruppo.
Rocco mi vede arrivare, ma non mi fa nessuna festa, come a dire: “Oh, ma dove sei finito? Ti davo per perso ormai. Vedi di stare in campana la prossima volta che ho fame, ho sete e sono stanco e a casa ho Eva che mi aspetta.”

L’appuntamento con la famiglia è a Cansano, in bel ristorantino che cucina abruzzese. Ovunque “pululano” griglie e banchetti pasquali, ma noi a differenza di tanti ci siamo conquistati il diritto di bere e mangiare quanto vogliamo. Vero Rocco?

Di Emanuele Iannarilli (facebook: vaiforte rischiaforte)

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.